RIDING GIANTS regia di STACY PERALTA - dal 26 agosto 2005

21-07-2005
Magazine
DICHIARAZIONE DEL REGISTA
La ragione principale per cui ho realizzato Riding Giants è stata che volevo semplicemente vedere un film come questo. Il successo di Dogtown and Z-Boys ha aperto diverse possibilità finanziarie relative alla realizzazione di un mio nuovo documentario ed ero interessato ad un film sul surf e una storia che raccontasse perché la gente sceglie di dedicare una vita intera ad inseguire e cavalcare le onde.

- Stacy Peralta
DOCUMENTANDO LA GRANDE ONDA
Riding Giants ci accompagna nella storia del surf dalle sue origini polinesiane alla sua rinascita nei primi anni del XX° secolo, sino allo sviluppo di una nuova cultura del surf lungo le coste della California del sud negli anni ’40 ponendo in rilievo il gruppo di straordinari avventurieri che si andò a formare; surfisti che non soddisfatti dei meri aspetti sociali e ricreativi dello sport, iniziarono ad andare in cerca di onde sempre più grandi, spingendo allo stremo i limiti della performance per esplorare il “regno non ancora cavalcato”. ” Riding Giants è la storia di questi grandi cavalcatori di onde, di dove e come è iniziata la loro ricerca, dei personaggi classici che nel corso delle ere avevano inseguito i loro sogni sin dentro all’acqua blu, e dei surfisti che lo fanno ancora oggi, cavalcano onde alte 15, 18 e addirittura 20 metri in un modo che una volta non era considerato possibile.

Abbiamo incontrato Greg Noll, il pioniere, il cui attacco inesorabile al “regno del non cavalcato” hawaiano alla fine degli anni ’50 e ’60 gli ha fatto guadagnare il soprannome di “Il Toro”. Poi c’è Jeff Clark, il pioniere solitario della California del Nord che, dopo aver scoperto le onde gigantesche di Maverick vicino San Francisco, le ha cavalcate per oltre dieci ani. E per finire, l’Hawaiano Laird Hamilton, il tipico surfista “estremo”, uno straordinario atleta / innovatore considerato il migliore cavalcatore di onde che abbia mai inforcato una tavola.

Alle volte divertenti e piene di energia, spesso commoventi e drammatiche, le loro storie sono il cuore di Riding Giants. Nel raccontare le loro storie emerge un quadro che non riguarda solo questi incredibili personaggi, ma anche una vera e propria visione introspettiva sulla nascita, lo sviluppo e il fascino dello stile di vita del surfista romantico e culturalmente espressivo. Riding Giants è retto dallo stesso senso di libertà, dallo stesso amore per la natura, dalla stessa scoperta di sé che cercano tutti i surfisti – che tutti noi cerchiamo, in un modo o in un altro. Sperimenta quegli incredibili momenti di grazia che, per questi incredibili avventurieri, possono solo essere conseguiti nel loro mondo di elementi violenti.

RIDING GIANTS
I FLUTTUI CRESCONO: COME È NATO RIDING GIANTS
È necessaria una serie di circostanze incredibilmente varie per sviluppare un’onda oceanica di 12 metri che possa essere cavalcata: la perturbazione giusta con il giusto vento, che soffia sul tratto di mare giusto nel periodo giusto, che raggiunge la costa giusta e che coincide con la giusta configurazione del suolo, della marea e del tempo.
I primi semi di “Giants” sono stati gettati nel 2000 quando Franck Marty, un produttore televisivo francese di successo, ha visitato il Quiksilver Masters World Championships che si teneva a St. Jean de Luz, Cote Basque. Lì, Franck Marty ha incontrato il samurai Hawaiano della grande onda Titus Kinimaka, facendosi incantare dai racconti dell’isolano sull’avventura nel blu; cavalcate epiche e pericoli scampati per un pelo. In un viaggio successivo alle Hawaii, Franck Marty viene presentato a Laird Hamilton, già allora considerato il top dei top del Club dei “Dodici metri e oltre”.

“È stata una sorta di telepatia,” ricorda Jane Kachmer, uno dei produttori di Riding Giants e agente di Hamilton. “Laird in quel periodo era molto interessato a interpretare un film sul surf. Così quando Laird e Franck Marty si sono incontrati alle Hawaii, e Franck ha raccontato a Laird che anche lui e la sua Nathalie Delest volevano produrre un docudramma sul surf su grandi onde, tutto combaciava perfettamente.” Kachmer, Hamilton, Marty e Delest hanno passato quasi due anni a riunire filmati per trarne un trailer che ha attirato l’attenzione del gigante del cinema francese Studio Canal. Nel frattempo, il filmmaker californiano Stacy Peralta continuava a sognare di girare un film sulle grandi onde. Surfista da una vita, è stato alla fine degli anni ’70 che, in veste di skateboarder professionista, Peralta ha ottenuto la celebrità. A Santa Monica ha creato la Powell/Peralta, una delle società sportive di maggior successo, si è trasformato in un filmmaker innovativo, producendo forse il primo video sportivo del mondo, The Bones Brigade Video Show nel 1984.
Segue una carriera in pubblicità e produzione televisiva, e nel 2001 Peralta fa uscire Dogtown and Z-Boys, un documentario premiatissimo in cui si narrano le origini dello skate verticale vissute dallo stesso Peralta e dai suoi compagni di squadra Venice/Santa Monica “Dogtown”. Ma in un angolo della mente di Peralta resta sempre l’idea di produrre un film in grado di catturare l’eccitamento e l’anima della sua passione per il surf. Mentre lavora ad un progetto secondario, Peralta ha l’opportunità di intervistare la leggenda delle grandi onde degli anni ’60, “La mia idea era molto diversa dal concept originale di Laird e Franck, che era quello che volevano fare un docudrama sul surf, ” afferma Peralta; “ Io volevo produrre una storia più ampia sui momenti più importanti del surf su grandi onde. Ma è stata veramente un’incredibile serie di coincidenze, che Frank e Nathalie desiderassero fare questo film, che Laird ed io ci stessimo cercando nello stesso momento; e che dopo essere andati a Dana Point per raccogliere il pensiero del direttore della rivista Surfer a questo riguardo, questi invece sia entrato entusiasticamente a far parte del mio progetto in veste di mio coautore, storico ed esperto a tutto tondo. E, per finire, che con il produttore Agi Orsi e il montatore Paul Crowder di Dogtown avessi già la migliore troupe di produzione possibile. Era come un’onda perfetta, ragazzi.”
Vento, fluttui, corrente e scogliera si erano finalmente uniti insieme, e un’idea nata in luoghi così disparati come le spiagge della costa basca francese, la sabbia della California del sud ed il blu tropicale delle Hawaii prendeva finalmente vita in Riding Giants della Forever Film.

PRIMA DI CAVALCARE I GIGANTI
Non c’è modo di raccontare la storia della cavalcata di una grande onda senza raccontare la storia del surf stesso, uno sport che è diventato uno dei maggiori e più potenti simboli di giovinezza, romanticheria, avventura e libertà. Ma la sua storia – che inizia molto prima dei Beach Boys e di “Surfin’ U.S.A.”, è in netto contrasto con il fascino vitale contemporaneo del surf : infatti, il surf è uno sport antico, le cui origini risalgono alla Polinesia antica.
Sebbene non si abbiano certezze sulla durata o gli spostamenti migratori dei polinesiani, gli antropologi ipotizzano che intono al 2000 a.C. un’ondata di migranti polinesiani abbiano lasciato l’Asia per il Pacifico orientale stabilendosi a Tonga, Samoa, Tahiti, le Marquesa Islands, e Aotearoa (Nuova Zelanda). Con l’aumento della popolazione, i primi polinesiani si spostarono nelle isole hawaiane nel quarto secolo d.C. Questi polinesiani hawaiani erano uomini e donne con un’eccezionale acquaticità e facevano surf con delle tavole paipo (da pancia). Pare che i polinesiani che vivevano a Tahiti alcune volte si alzavano anche in piedi sulle tavole, ma l’abilità di fare surf in piedi su lunghe tavole deve le sue origini nelle Hawaii. He’e nalu, la parola hawaiana per surfare, era parte integrante e sacra dell’antica società hawaiana. Il kapu (sistema di leggi) hawaiano dettava le regole per la costruzione delle tavole, le norme che indicavano quando si poteva surfare o come convincere gli dei a fare in modo che fosse possibile, e chi poteva surfare in un determinato tipo di tavola in determinate zone. Ali’i (i capi) surfavano su fondali speciali e spiagge riservate a loro con tavole olo di 7,50 metri. I capi usavano il surf e altri sport Hawaiani per conservare il loro dominio fisico e spirituale sulle persone. La massa cavalcava le onde su tavole paipo (stesi) o alaia (in piedi) di circa 3,50 metri.

Ogni anno i surfisti Hawaiani rendevano omaggio al dio Lono al festival di Makahiki e canti sul surf davano risalto alla spiritualità insita nella pratica dello sport.
Per gli antichi Hawaiani, il surf era uno sport religioso che sviluppava l’unità tra mente, corpo e spirito. Per gli haole (i bianchi) che furono i primi testimoni di questo sport, ad ogni modo, il surf era una “diversione”. Nei primi documenti scritti su questo sport, James King, un luogotenente della terza spedizione del Capitano James Cook nel Pacifico, è scritto: Gli Uomini, alcune volte 20 o 30 avanzano senza la spinta dell’onda, e si stendono su un pezzo di tavola ovale lunga e larga più o meno quanto loro, tengono le gambe chiuse sopra di essa ed usano le braccia per guidare la tavola. Attendono che arrivi l’onda più grande e spingono avanti con le braccia… li manda ad una velocità incredibile. L’abilità sta nel guidare la tavola in modo tale che resti sempre nella giusta posizione in cima all’onda… il suddetto passatempo viene inteso unicamente come svago, non una prova di abilità…sembrano provare un grande piacere nel movimento che da questo Esercizio.

Ciò che il Luogotenente King stava testimoniando non era altro che l’epitome dello sport nella Polinesia antica. Dopo la pubblicazione dei diari del Capitano Cook e di King, le Hawaii divennero il luogo ideale per capitani, criminali, avventurieri e opportunisti. Il connubio tra la cultura Haole e quella Hawaiana finì per uccidere il sistema kapu e con esso il significato spirituale del surf e del festival di Makahiki.
Nel 1820, i Missionari Cristiani Calvinisti accelerarono la secolarizzazione dello sport. Il loro piano per convertire gli hawaiani dal politeismo alla fede in un Solo e Unico Dio il cui figlio era Gesù Cristo prevedeva anche l’insitere affinché gli Hawaiani si vestissero di più, imparassero a leggere e a scrivere, lavorassero di più e giocassero meno. Lo scopo era rafforzare la modestia, l’industria e la religione. Poiché il surf apparentemente sfidava il credo cristiano (implicava la presenza di surfisti uomini e donne che si divertivano in mare non indossando quasi nulla), gli Hawaiani convertiti persero interesse nel surf. Nonostante la campagna calvinista, il surf sopravvisse. Gli Hawaiani nativi e i villeggianti continuarono ad inseguire le onde e nel 1851 il reverendo Henry T. Cheever scrisse nel suo libro Life in the Hawaiian Islands, “Non posso far altro che sperare che con gli anni la civiltà consideri imbarazzante o disonorevole indulgere in questo coraggioso, perché pericoloso, passatempo.”

Alla fine dal 1890, la cultura hawaiana natia e la popolazione nativa hawaiana erano scomparse quasi del tutto. Il contatto con gli haole li avevs esposti alle malattie, all’alcool e ad altri veleni che li avevano portato dai 400000 – 800000 nativi all’arrivo di Cook a 40.000. Una piccola parte di questi 40 000 nel 1983 tentò di resistere al rovesciamento illegale della monarchia Hawaiana attuata da una coalizione tra commercianti, proprietari di piantagioni, e missionari supportati dai marine americani. Quando la Regina Lili’uokalani combattè l’invasione del suo regno da parte degli haole, venne spodestata e fatta prigioniera. Nel 1898 gli Stati Uniti annetterono le Hawaii al loro territorio. All’alba del XX° secolo, alcuni uomini cavalcavano ancora le onde di Kalehuawehe sulla costa sud Oahu, o di alcuni luoghi a Maui, Kauai e altre isole, ma lì dove una volta erano in cento, ora rimanevano pochi surfisti solitari.

RIDING GIANTS
Entrano in scena Jack London, Alexander Hume, George Freeth, e Duke Kahanamoku.
Nel 1907 Jack London si trasferisce a Waikiki dopo aver scritto tre romanzi di successo. A Wakiki Beach incontra Alexander Hume Ford, un giornalista, e George Freeth a quel tempo uno dei ragazzi più famosi di Waikiki Beach. Nel 1907 Jack London scrive “A Royal Sport: Surfing in Waikiki” per l’edizione ottobrina di The Lady’s HomeCompanion. In quello stesso anno, all’irlandese-Hawaiano Freeth che fu il primo a progettare una tavola più corta tagliando in due la tavola da 5 metri, viene chiesto dal magnate delle ferrovie e dei beni immobiliari Henry Huntington, di animare l’inaugurazione della ferrovia Redondo-Los Angeles Railway con una dimostrazione di surf. La dimostrazione di Freeth fa conoscere il surf agli spettatori delle spiagge della California ed innesca una rivoluzione nella progettazione delle tavole da surf e nelle tecniche di cavalcata delle onde.
Mentre London sfornava articoli sul surf e Freeth otteneva la celebrità come surfista, Alexander Hume Ford si impegna in una crociata pro surf. Nel 1908, Ford preme presso gli amministratori del Queen Emma Estate per destinare un lotto di terreno nei pressi del Moana Hotel di Waikiki ad un club atto a preservare il surf e il canottaggio degli antichi Hawaiani. Ford presentò una proposta agli amministratori nel quale si “prevedeva un Club che avrebbe fornito un’ulteriore attrazione permanente alle Hawaii e avrebbe reso per sempre Waikiki la Terra dei Surfisti, stabilendo, eventualmente una festa annuale del Surf e del Canottaggio che avrebbe incrementato la diffusione all’estero delle attrazioni delle Hawaii, le uniche isole in cui uomini e ragazzi si alzano in piedi sulla cresta dell’onda.” Gli amministratori accettarono la proposta e il 1° maggio 1908, fondarono lo e Hawaiiian Outrigger Canoe Club, il primo circolo moderno dedicato alla perpetuazione dello sposrt che cavalca le onde. Tre anni prima, Duke Paoa Kahanamoku, un noto Beach Boy di Waikiki, aveva fondato, in maniera informale, la Hui Nalu (“The Club of Waves”). La Hui Nalu e l’Outrigger Canoe Club iniziarono delle gare amichevoli, e nel 1911 quando Hui Nalu venne formalizzata c’erano oltre cento tavole da surf sulla spiaggia di Waikiki.

Nel 1916, Duke Kahanamoku era già stato tre volte vincitore del record mondiale dello stile libero sui 100 metri, due volte medaglista olimpico d’oro, e gli era stato riconosciuto il merito di aver sviluppato la farfalla che avrebbe rimpiazzato la sforbiciata nel nuoto a stile libero. In veste di surfer, Duke era uno dei migliori rematori d’oceano delle Hawaii. Durante una mostra di nuoto per la New South Wales Swimming Association di Sydney, Australia, Duke costruì una tavola 8’ 6” di pino australiano e la usò, introducendo lo sport agli australiani che più tardi diventeranno una superpotenza nel mondo del surf. Considerato il nuotatore vivente più veloce, Duke girò il mondo, esibendosi nel nuoto e dando dimostrazioni di surf che suscitarono molto più scalpore di quelle di Freeth.

Divenne anche uno tra i più gettonati dagli uffici casting di Hollywood, interpretando capi atzechi, ladri indiani e principi arabi. Nei fine settimana amava portare i suoi amici di Hollywood a fare surf, e dovunque possibile, Duke usò la sua notorietà per presentare al mondo lo sport del surf. Nell’estate del 1917 Duke prese un’onda che lo portò molto al disopra dei novecento metri. Si trattò di un’onda e di un’impresa senza uguali, e di un ulteriore rafforzamento della leggenda duratura di Duke. Continuò a surfare negli anni ’20 gareggiando alle olimpiadi del 1920 e del 1924. Dagli anni ’20 sino alla seconda guerra mondiale, il surf ottenne una sempre maggiore popolarità sulle spiagge della California.
I surfisti californiani adattarono lo sport e le tavole alle condizioni californiane, diedero inizio alle gare, e documentarono le pericolosissime evoluzioni dentro e fuori dell’acqua. Nel 1928, Tom Blake nativo del Wisconsin organizzò il Pacific Coast Surfriding Championships a Corona del Mar. I più grandi surfisti di tutto il mondo gareggiarono per il Tom Blake Trophy dal 1928 al 1941, anno in cui la seconda guerra mondiale pose fine all’evento. Blake è stato anche il primo fotografo ad immortalare il surf dall’acqua. John H. "Doc" Ball, un dentista che scoprì che il surf possedeva un grande potere anti stress, fu il secondo fotografo di surf, dopo Tom Blake, a fotografare il surf dall’acqua con una macchina protetta da una custodia impermeabile.

Il libro fotografico di Doc Ball, California Surfriders 1946 è un vero capolavoro, ritrae lo sport e lo stile di vita come venivano vissuti da uomini e donne nelle spiagge pressoché incontaminate che andavano da La Jolla a Santa Barbara, sino a Santa Cruz e Pacifica. Nel 1960, il surfista Leroy “Granny” Grannis cominciò a riprendere i surfisti. Woodbridge Parker "Woody" Brown figlio di una buona famiglia di New York cominciò a surfare mentre viveva a San Diego e contribuì alla costruzione del Torry Pines Glider Port, tutt’ora esistente. Woody è stato uno dei pionieri del surf su grandi onde lungo la costa sud di Oahu, a Makaha e sulla costa nord di Oahu. Anche John Kelly, un haole trasferitosi alle Hawaii dalla California, aveva cominciato a fare surf sulle grandi onde da ragazzo. Nel 1961 fonda Save Our Surf, che ha organizzato con successo il blocco di oltre 35 progetti di sviluppo sulla costa che mettevano a repentaglio le zone di surf.

John Kelly, Rabbit Kekai (un famoso Beach Boy di Waikiki allievo di Duke Kahanamoku) e Woody Brown hanno fatto surf insieme nelle Hawaii degli anni '30, '40 e '50, quando luoghi come Makaha e Sunset Beach venivano appena scoperti dai surfisti, e i nuovi materiali rendevano le tavole più leggere, più veloci, più forti e più maneggevoli. Nel 1953 una foto dell’Associated Press in cui si ritraeva Woody Brown ed altri due uomini sfrecciare su un’onda gigante a Makaha appare in un quotidiano in California e in tutto il mondo.
La foto di Brown ed i suoi amici che sfrecciano su quel muro d’acqua a Makaha galvanizza un folto gruppo di surfisti che danno inizio ad un esodo verso le Hawaii dalla California (ed altri stati come il Texas), è così che la storia moderna del surf ha inizio alla fine degli anni ‘50.
Fred van Dyke e Peter Cole erano due surfisti californiani che si trasferiscono alle Hawaii per provare l’onda gigante di Makaha. Cole e Van Dyke sono tra i primi surfisti ad affrontare le grandi onde negli anni ’50 e ’60, e sono membri di un’elite di Hawaiani e haole che si dedicò al surf gigante a Makaha, Sunset Beach e, più tardi, Waimea Bay. Cole e Van Dyke, insegnanti presso l’importante Punahou School a Honolulu divennero noti come insegnanti di surf, ed alcune volte furono oggetto di dicerie quando si assentarono dalle riunioni mentre si faceva surf in altre zone delle isole.
I grandi surfisti Hawaiani dell’epoca includevano Eddie Aikau e Buffalo Keaulana. Bud Browne, filmmaker originario della California del sud, pioniere dei film sul surf nella metà degli anni ’50 e il crescente interesse mostrato da fotografi, gente di cinema, musicisti e giornalisti affascinati dal surf trasformarono la moda del surf in una vera e propria industria negli anni’60. Quando il surf divenne di larga diffusione, le donne ruppero le catene che le tenevano lontane da uno sport praticato quasi eclusivamente dagli uomini. Anona Napoleon ed Eve Fletcher furono due pioniere che si dedicarono al surf a fianco agli uomini.

Anona Napoleon era la figlia di una celebre famiglia di surfisti hawaiani. Gareggiò a livello mondiale sia nel surf sia nel kayak. Rimase temporaneamente paralizzata in un incidente subacqueo, ma il suo spirito competitivo e indomabile le permisero miracolosamente di rimettersi. Un anno dopo il suo incidente, nel 1961, vinse la categoria donne del Makaha International Surfing Championships. Fletcher era una bella ragazzina californiana che, quando non doveva lavorare come animatrice per Walt Disney, amava fare surf a San Onofre. Come Cole, Van Dyke e altri surfisti californiani solcarono tutti i mari, Fletcher si recò nelle Hawaii negli anni ’50 con il suo amico e mentore del surf, Marge Calhoun si imbarcò in un “safari” per Oahu. Calhoun vinse il prestigioso Makaha International Surfing Championships nel 1958, mentre Peter Cole vinse per la categoria degli uomini.
Il film Gidget e l’ondata di film sul surf che seguirono sottoposero questo sport all’attenzione internazionale. Dove una volta c’erano dozzine di persone che surfavano ora ce ne erano migliaia, le tavole da surf ora erano di plastica e prodotte in massa, un’eco lontana dei canti cerimoniali e delle tavole in legno massello lavorate a mano degli antichi Hawaiani. Ora ci sono dozzine di riviste e di siti sul surf sparsi in tutto il mondo.
Il video sul surf ha rimpiazzato il film sul surf, ed il facile accesso ad un equipaggiamento video di qualità ha dato vita ad un mondo del surf dcocumentato senza posa e conservato. Dove una volta capi e schiavi gareggiavano sul surf, mettendo a rischio il proprio status, la proprietà, la vita e le membra, ora c’è un circuito di surf internazionale professionale da diversi milioni di dollari, che comprende un giro che copre tutto il mondo dalle Hawaii al sud Africa per far ritorno a Tahiti.
Nonostante la commercializzazione, il surf continua ad essere fonte di divertimento e di un’unione speciale con la natura per milioni di persone nel mondo. Il surf è un elemento della cultura tradizionale Hawaiana che, diversamente da molti altri aspetti della vita degli antichi Hawaiani, è sopravvissuto sino ai giorni nostri. Nel vero spirito aloha di dare con garbo e amore, il surf è un vero e proprio regalo della Polinesia al mondo.

CAVALCANDO LE ONDE GIGANTI
L’idea di cavalcare le onde giganti nasce a Makaha, una tranquilla località marina situata letteralmente alla fine della strada ad ovest Oahu. Ogni inverno onde giganti provenienti da nord ovest approdano sulla costa, dando vita al leggendario Makaha Point Surf. Usando delle tavole Hot Curl senza deriva, lisce, con la coda stretta (precorritrici degli strumenti moderni per le grandi onde), i pionieri del surf John Kelly, Wally Froiseth, e George Downing superarono i confini ricreativi del surf Hawaiano tradizionale, spingendosi su onde sempre più grandi come alpinisti che tracciano la via per le colline pedemontane verso le maggiori altezze delle lontane catene montuose.
I loro sforzi guadagnarono le copertine dei media quando un’associazione giornalistica pubblicò una foto di Kelly, Froiseth, e Downing mentre sfrecciavano come cavalli da corsa su uno scintillante muro di Makaha che venne mostrata dai giornali di tutti gli Stati Uniti. A Makaha, questi cavalcatori di grandi onde abbandonarono i rifugi militari di Quonset e crearono un centro boemièn, dove si viveva in tenda, si pescava e ci s’immergeva per mangiare, mescolandosi facilmente con gli Hawaiani locali evitando tutto ciò che la cultura americana contemporanea post seconda guerra mondiale imponeva di ottenere, per trovarsi semplicemente lì quando le onde fossero cresciute.
Come potevano sapere che una sfida ancora più grande li attendeva a poche miglia da Waianae Range, sulla costa nord di Oahu’s North, dove la più grande concentrazione di grandi onde aspettava di essere scoperta?
Sulla costa nord faceva surf, con riluttanza, la Hot Curl Gang negli anni ’40 e nei primi anni ’50. Colpita regolarmente da onde giganti che arrivavano direttamente dal Pacifico del Nord non trovando lungo il percorso altre terre, le onde della costa nord erano considerate troppo potenti per essere domate. Ad aggiungersi ai fattori intimidatori c’era la storia dei pionieri della costa nord Woody Brown e Dick Cross, che nel dicembre del 1942 avevano remato al largo durante un’onda che si era sollevata velocemente a Sunset Beach e che erano rimasti intrappolati al largo dalle onde giganti, obbligati a remare per tre miglia lungo la costa sino a Waimea Bay nel tentativo di trovare un riparo. Lì i due furono colpiti da una serie mostruosa di onde, e mentre Brown riuscì con molta difficoltà a guadagnare la riva, Cross scomparve sotto una valanga di schiuma e non venne ritrovato mai più.

Questo era il mistero che avvolgeva la costa nord quando l’ondata successiva di californiani si abbattè sulle isole nella metà degli anni ’50 attirata dal grande surf, tra questi c’erano Rick Grigg, Pat Curren, Peter Cole e un personaggio esuberante e socievole di Hermosa Beach chiamato Greg Noll. Questi giovani pionieri concentrarono l’attenzione sulla costa nord che in buona parte era rimasta inesplorata, e che presto scoprirono essere il luogo di ritrovo di una serie infinita di grandi onde, con nomi esotici che divennero presto leggendari: Haleiwa, Laniakea, Pupukea, Sunset Beach, ed il top dei top: Waimea Bay. Gli enormi picchi invernali di Waimea Bay non erano ancora stati cavalcati. Tocca a Noll, le cui instancabili incursioni nell’ignoto gli avevano fatto ottenere la reputazione di “Pied Piper” della Costa Nord, persuadere un intrepido gruppo di seguaci tra cui il Mickey Munoz di Santa Monica, a remare al largo della Waimea Bay un mattino del novembre 1957. Nessuno ricorda chi abbia cavalcato la prima onda, ma da quel giorno in poi Waimea Bay diventa il Cape Canaveral delle grandi onde e negli anni a seguire Greg Noll diventa il Chuck Yeager, John Glenn e Evil Knieva, tutti messi insieme, del surf. Sulla strada per diventare un innovativo filmmaker del surf, progettista di tavole da surf e influente produttore di successo di tavole da surf, Noll passerà sempre e comunque ogni inverno sulla costa nord, seduto fuori dal pack a Waimea Bay, cacciandosi in posizioni impossibili sulle onde più grandi che si possano immaginare. Cavalcava in maniera così aggressiva che fu soprannominato, “The Bull (Il Toro).” Il suo approccio e i suoi pantaloncini “alla carcerato”, infusero uno stile in una scena normalmente più stoica. Noll con un sol colpo diede fascino all’arena del surf su grandi onde, e conseguentemente alla sempre più crescente cultura del surf in generale, che in seguito all’uscita dell’opera farsesca sul surf e il sesso Gidget nel 1960 era esplosa negli ambienti culturali americani. Nonostante le notevoli qualità drammatiche, avventurose e romantiche, quest’ultimo periodo dell’Età d’Oro del surf si sarebbe conclusa in un decennio. A preparare il palcoscenico per l’epoca successiva fu l’atto finale quasi shakespeariano: l’ultima cavalcata apocrifa di Greg Noll a Makaha Point Surf. Nel dicembre 1969, le più grandi onde mai viste s’infransero sulle isole Hawaiiane, liquidando l’intera costa nord ivi inclusa Waimea Bay. E guarda caso fu Greg Noll, allora considerato un veterano che stava invecchiando, ad assumersene la responsabilità, viaggiando letteralmente e metaforicamente nella storia quando tornò passando per l’isola a Makaha. Lì, solo al posto di partenza di ciò che era considerata la più grande onda mai affrontata da un surfista, Noll si trovò ad affrontare un’onda così imponente e travolgente da obbligarlo a rivalutare il suo stato di mortale quando – per parafrasare Nietzsche, l’abisso si girerà a guardarlo.

Noll entrò nella storia, ma quella fu l’ultima grande onda che avrebbe affrontato. Non appena l’ultima onda di Noll a Makaha si infranse e svanì, la stessa cosa accadde alla popolarità del tradizionale surf sulle grandi onde – e delle sue arene tradizionali. Sfiancato dalla “Rivoluzione delle Tavole da surf corte” alla fine degli anni ’60, un periodo di rapidi cambiamenti nella progettazione delle tavole da surf che vide la più lunga e pesante “arma elefante” messa da parte in favore di modelli più corti e più maneggevoli, il surf sulle grandi onde trovò un posto in panchina mentre si sviluppava la tecnica basata su una performance più elevata resa possibile da queste “mini armi”.
Cambiando le tavole cambiò anche il palcoscenico. Situato a poche miglia a nord da Waimea, nel 1970 Banzai Pipeline usurpa il posto a The Bay come il posto della prova finale, con surfisti giovani e futuri come Gerry Lopez che simboleggiano il nuovo obiettivo del surf: solcare il tunnel. Con una calma quasi zen, Lopez, conosciuto in tutto il mondo come Mr. Pipeline, trascende l’approccio orientato al cavalcare l’onda più grande per restarsene semplicemente nella parte più cava dell’onda – una formulazione che si adattava alla contro cultura dell’epoca.
La nascita e il successivo ampliarsi di un surf moderno professionale e competitivo eclissò ulteriormente la scena delle grandi onde, sino a che alla metà degli anni ’70, un surfista affezionato di Waimea Bay poteva ritrovarsi con pochissimi altri a fare ciò che in altri tempi Noll e The Gang avevano tanto apprezzato.
Tutto questo cambiò nel 1987 quando Ken Bradshaw, e Mark Foo, due surfisti di Waimea decisero di diventare surfisti su grandi onde professionisti. Molto presto nacque una rivalità tra lo sfavillante Foo e lo stoico Bradshaw, che allora era considerato il re regnante di Waimea. Gareggiando a testa avanti per l’onda più grande che il Pacifico gli avrebbe portato, la coppia yin e yang infuse allo sport una sorta di spettacolarità che non vedeva dal giorno di Noll, riportando l’attenzione del mondo del surf sull’arena delle grandi onde. Ed il top dei top per fare surf sulle grandi onde rimase lo stesso che ai tempi di Noll: Waimea Bay era ancora il massimo, nessun’altra onda al mondo riusciva a superarla.

Ma mentre tutta la storia si focalizzava sulle Hawaii, lungo le tradizionali “Otto Miglia Miracolose, ” un surfista solitario remava da solo al largo in una costa diversa verso un tipo di orizzonte di grande onda completamente diverso, un orizzonte che avrebbe fatto riscrivere letteralmente le mappe del surf, cambiando il volto di questo sport per sempre. Il luogo: Half Moon Bay, California, una sonnolenta cittadina agricola costiera a circa 25 miglia San Francisco. Il surfista: Jeff Clark un ragazzo del posto che, incuriosito dalle storie di onde giganti che s’infrangevano al largo di Half Moon Bay Harbor a Pillar Point era deciso a remare fin lì per vedere con i suoi occhi.
L’onda: una scogliera pericolosa chiamata Maverick. È qui che nel 1975 il diciassettenne Clark, non avendo trovato nessuno disposto ad aiutarlo, saltò giù dalle rocce e si diresse verso le onde lontane che s’infrangevano sulle rocce.
La cosa importante da ricordare è che Clark si dirigeva letteralmente verso l’ignoto. L’onda che aveva intenzione di cavalcare non si trovava in un luogo destinato al surf – era un azzardo nautico. Sulla costa californiana non era mai stato tentato nulla di simile. E così la domanda fondamentale nella mente di Clark quando lanciata la tavola in mare, si preparava a vogare al largo non era solo “Sono in grado di farcela?” ma “È mai possibile farcela?”
In uno sport che prospera con il passaparola, Clark ha cavalcato Maverick da solo sul surf gigante Maverick, su onde che non solo rivaleggiavano in dimensioni con quelle di Waimea Bay, ma che spesso si rompevano in maniera ancor più spettacolare. Eppure diversamente dal primo gruppo di Noll nel 1957, e dalle folle che successivamente invasero Waimea, Clark fece tutto da solo, stagione dopo stagione, onda dopo onda – quindici anni di allenamenti solitari, fino a quando finalmente, nel 1990, convince Powers e Dave Schmidt, due grandi surfisti di grandi onde della vicina Santa Cruz, ad unirsi a lui nella sua zona privata. Questo momento nel surf equivale alla scoperta del Passaggio ad Ovest – l’esistenza di Maverick aprì un mondo intero ai surfisti, riscrivendone le mappe tradizionale, dando vita ad una nuova stirpe di avventurieri della grande onda.

Quando si seppe la storia di Mavericks un intero nuovo cast entrò nel Pantheon della grande onda. Appassionati significativi come Dr. Mark Renneker, Grant Washburn, Evan Slater e Peter Mel definirono questo nuovo archetipo di surfisti della grande onda della costa ovest, spingendo i limiti della performance e della sopravvivenza e affrontando onde sempre più grandi. Ma a differenza dei surfisti di altri mari, ivi inclusa Waimea Bay, l’iperbole era valida: gli uomini di Maverick si prendevano gioco della morte.
Nell’inverno del ’94 l’associazione surfisti della grande onda aveva indicato Maverick come impegnativo, ma niente li aveva preparati agli eventi delle due settimane della seconda metà di dicembre. La combinazioni di onde epiche e condizioni perfette resero chiaro al mondo che Maverick era la Vera Sfida, e che da quel momento in poi essere un surfista delle grandi onde significava una puntata a Half Moon Bay.
Il 23 dicembre Maverick era il luogo in cui si teneva un tipo completamente nuovo di dimostrazione di surf sulle grandi onde. Le condizioni al largo della costa della California erano perfette, era presente la crème de la crème del nuovo gruppo californiano della grande onda ed erano tutti pronti a partire, la copertura dei media era senza precedenti. L’ulteriore presenza dei due più famosi surfisti Hawaiani di Waimea, Ken Bradshaw e Mark Foo—che con una migrazione a senso unico erano arrivati da Oahu per la riunione – creò l’impressione che stesse per accadere qualcosa di molto importante. E così fu, ma con risultati che non si sarebbero mai potuti immaginare, quando Mark Foo, uno dei maggiori nomi nel modo del surf sulla grande onda, con un’attrezzatura di taglia media, cadde dalla tavola e scomparve.

La morte per annegamento di Foo pose il surf da grande onda sotto una nuova luce drammatica. Non solo per quei surfisti la cui vita cambiò per sempre quando quel giorno di dicembre scoprirono il corpo senza vita di Foo che galleggiava nel canale, ma per tutto il mondo del surf da grande onda, cui venne improvvisamente ricordata la sua vulnerabilità; in questo momento di fragilità emotiva vennero ristretti i confini.
Mentre l’esistenza di Maverick aveva ridisegnato il concetto di surf del mondo, rendendo saggi i surfisti della grande onda, un altro confine aspettava in silenzio – nascosta in piena vista. La costa nord di Oahu possiede, sparsi lungo il margine esterno delle sue scogliere, una serie di punti dove l’acqua è profonda e in cui si notano appena le onde gigantesche – e che, a causa del modo di fare surf slungo la costa e della prospettiva normalmente bassa a livello del mare, non sono visibili ai surfisti seduti sulla spiaggia nei punti convenzionali come Waimea Bay e Sunset Beach. Nel corso dei decenni alcuni surfisti avevano vogato per raggiungere queste onde lontane – tra questi Greg Noll negli anni ’60 – ma la combinazione di allineamenti cangianti, correnti molto forti o la sola e semplice massa di questi mostri potenti in mare aperto, li aveva riportati verso lidi più sicuri.
Entra in scena Laird Hamilton, conosciuto come il più grande surfista delle grandi onde. Dai racconti di come il precoce Laird a sette anni “sceglie” il suo padrino, il leggendario stilista di surf Billy Hamilton, della sua difficile infanzia alle Hawaii, sino alla sua trasformazione in uno dei surfisti dominanti nelle arene tradizionali delle grandi onde Hawaiiane, la crescita di Laird può solo essere descritta come inesorabile. Vogando per il Canale Inglese, vincendo i campionati mondiali di windsurf veloce, mettendo in ombra il top dei professionisti mondiali in posti come Pipeline e Backdoor—l’energia e l’audacia di Hamilton sembravano senza confini.

Ma il vero punto di svolta per Laird fu quando, nel 1992 si unisce a Buzzy Kerbox e al leggendario surfista di Waimea Bay Darrick Doerner per una session rivoluzionaria in una delle più spettacolari scogliere esterne della Costa Nord chiamata Backyard Sunset. Lì il trio si fece rimorchiare sino ad una serie di onde gigantesche dal gommone Zodiac di Kerbox che gli permetteva un facile ingresso e la velocità necessaria ad attraversare la parete. Liberi dall’obbligo di dover remare dentro le onde, il trio potè concentrarsi su una performance che i loro contemporanei potevano solo sognare. Fu una rivelazione. Il rozzo Zodiac venne subito cambiato con un PWC più veloce, le tavole da surf, che non dovevano più essere portate a mano, divennero più corte di 50 cm, vennero aggiunti dei cinturini sulla tavola per ottenere una leva maggiore e nacque la rivoluzione del rimorchio. Ma, come in precedenza era stato per Greg Noll, l’energia di Laird aveva bisogno di un giusto palcoscenico. In quella sessione inaugurale nel 1957 Noll aveva trovato il proprio a Waimea Bay. E con lo svilupparsi del surf a rimorchio, Hamilton scoprì il suo in un luogo remoto nelle Hawaii chiamato Peahi.
Situato sulla scogliera nord di Maui, Peahi, soprannominato“Jaws” da un gruppo di windsurfisti temerari che in passato lo avevano solcato fornì la località perfetta per Laird e ed il suo nuovo modo di fare surf sulle grandi onde. Ed è qui, tra questi fluttui spaventosi, che esplodevano a 12, 15, 18 metri di altezza infrangendosi su frastagliate scogliere laviche – precedentemente considerate non cavalcabili con mezzi convenzionali, che il surf a rimorchio iniziò a prendere vita.

Le prodezze Hamilton, Doerner, Kalama, e Crew rappresentano il salto quantico nelle performance del surf sin dai tempi in cui le tavole erano fatte di legno massello. Non solo cambiò il paradigma della performance, visto che Laird cavalcava onde sempre più grandi con uno stile radicale che, paragonato al surf da grande onda convenzionale, sembrava surreale, ma il lavoro di squadra richiesto dal surf a rimorchio introdusse il gruppo in un’arena in cui i gladiatori venivano usati per combattere – e morire – da soli. Questa etica, in cambio, incoraggiò un nuovo tipo di atti eroici nell’ambito del surf, poiché la sicurezza e il preoccuparsi degli altri, divenne fondamentale.
Per tutto il corso di questo periodo di innovazione, Laird occupa un posto in prima linea. Lo straordinario rematore Hawaiano Dave Kalama, a proposito dell’ascendente di Hamilton afferma, “È stato disegnata una linea di confine definitiva sulla sabbia, e dall’altro lato c’è solo un tipo di impronte. Quelle di Laird.” Greg Noll, anch’egli in soggezione di fronte a questo nuovo maestro ha anche dichiarato che se avesse avuto un acquascooter che lo trainava, avrebbe potuto benissimo affrontare quella mostruosa e malefica potenza di Makaha tanti anni prima.

I SURFISTI NEL FILM
Laird Hamilton (Produttore esecutivo/Surfista)
La reputazione del surfista delle grandoi onde Laird Hamilton potrebbe reggersi tranquillamente solo sulla sua stazza, ma in questo moderno Ulisse c’è molto di più che solo muscoli. Hamilton è considerato dai suoi pari, sia passati sia presenti, uno dei performer di surf più innovativi, ed è riconosciuto come il migliore surfista da grande onda che questo sport abbia mai visto.
Nato a San Francisco nel 1964 (niente meno che in acqua salata, in un esperimento “batisfero” sulla riduzione della gravità) Hamilton si trasferisce alle Hawaii con sua madre Joann quando ha due anni, lì in seguito “adotterà” la leggenda del surf degli anni ’60 come suo patrigno. Cresciuto in mezzo al surf sulla Scogliera Nord di Oahu ed in seguito nella lontana costa di Kauai, in età precoce Hamilton sviluppa un buon approccio con le onde potenti ed una formidabile sicurezza di sé. Entrambe le cose gli serviranno molto negli anni futuri, poiché, diversamente da molti giovani surfisti professionisti che si concentrano sui tour di gare mondiali, Hamilton diventò un atleta dell’oceano a tutto tondo, eccellendo non solo nel surf ma in una serie di altre discipline acquatico marine come le gare di pagaia, il windsurf (a 22 anni vince il record mondiale di velocità di navigazione) e il kite-boarding.

Ma è nelle grandi onde che Hamilton si trova veramente a suo agio, sia come performer sia come innovatore. Nel 1992 Hamilton si unisce ai suoi colleghi di surf da grande onda Buzzy Kerbox e Darrick Doerner che, fornendogli un supporto a motore, rivoluzionano lo sport. Facendosi trainare sino ad onde alte 7,50 metri da in gommone Zodiac, e più tardi da un Waverunner, Laird e Company cambiarono letteralmente dall’oggi all’indomani il volto del surf da grande onda. Oggi il surf “da traino” é diventato all’avanguardia. Guidati da Hamilton, bravi surfisti hanno sfidato con successo onde sempre più grandi e terribili.
Lo status di Laird come maschio Alpha del surf gli ha fatto ottenere riconoscimenti da tutto il mondo, ed è diventato non solo uno dei surfisti più rispettati ma anche il più in vista del pianeta. Le foto con sponsor come OXBOW hanno condotto Laird in luoghi esotici come le montagne del Caucaso, una giungla riserva a Java, in Indonesia e nella Grande Barriera Corallina solo per citarne alcuni. È apparso sulle copertine di riviste come National Geographic, Outside, The Surfer’s Journal, Men’s Journal, Surfer, Surfing, Sports Illustrated for Women, e in Rolling Stone, Esquire, Sports Illustrated, People, Life, GQ, Interview, L’Uomo Vogue (Italia), Paris Match (Francia), Surf (Germania), High Wind (Giappone), e Sailboarder. Nel 1996, la rivista People lo ha nominato ‘Tra le 50 persone Più Belle.’ Il Surfer Poll Awards, nel 2000 premiò Laird per la migliore Performance dell’Anno’ ed in Francia, nel 2000 è stato premiato come ‘Surfista da Grande Onda dell’Anno’ nel 2001 l’ESPN’s Action Sports & Music Awards ha premiato Laird ‘Coraggioso dell’Anno’ Laird recentemente ha lavorato a diversi film e progetti televisivi tra cui il film della MGM “Die Another Day” dove ha doppiato nei panni di surfista James Bond e come coordinatore stunt per la scena sulla grande onda. Laird ha recitato anche in “Step Into Liquid” nel 2003.

Tra le sue imprese cinematografiche, Laird e i suoi soci hanno fornito alle società cinematografiche e televisive, performer, progettisti ed esperti nel riprendere il surf. Le loro produzioni, tra cui “Radical Attitude” (1992), “Wake Up Call” (1996), ed i più recenti “Laird” (2001) e “Strapped: the origins of tow-in surfing” sono video in cui Laird dimostra perché il direttore della rivista Surfer, Sam George lo ha inserito nella lista delle “Persone più Brave nel Surf”. Goerge afferma, “Laird è decisamente il surfista più grande, audace e coraggioso. È il più grande surfista da grande onda che ci sia oggi.”

Jeff Clark (il Surfista di Maverick)
Clark, Il primo surfista a solcare Maverick, la bellissima ma malefica scogliera che più tardi diverrà la capitale della California della grande onda, è nato a Redwood City, California, figlio di un carpentiere, si è trasferito con la sua famiglia a Half Moon Bay nel 1966, e inizia a fare surf l’anno successivo, a 11 anni. Maverick si trovava a due miglia a nord di casa sua, e al secondo anno di liceo, inizia a guardare le onde. In un caldo pomeriggio del febbraio 1975, il diciassettenne Clark pagaia a largo da solo e cavalca cinque onde di Maverick, ognuna tra i tre e i 3 metri e mezzo. Nelle settimane seguenti cerca di convincere i surfisti del luogo ad unirsi a lui per una seconda puntata, ma nessuno si mostra interessato. Per 15 anni Clark cavalca le onde di Maverick da solo.

In parte perché vuole una compagnia, ed in parte per promuovere la sua nuova linea di tavole da surf Maverick, Clark riesce finalmente a portare Maverick all’attenzione dei surfisti fuori da Half Moon Bay all’inizio del 1990. La rivista Surfer presenta il posto al mondo del surf all’inizio del ’92, descrivendo Clark il moro e dalla mascella forte come un “uomo infernale” e il “guardiano ufficiale di un posto veramente segreto”. Mentre la popolarità di Maverick arriva alle stelle nel corso dei due anni seguenti, Clark ne rimane il portavoce ufficiale, e come tale appare in Rolling Stone, Spin, New York Times, Outside, NBC Nightly News e MTV Sports. Con voce bassa e strascicata, Clark descrive Maverick come “l’onda più radicale del pianeta” al Los Angeles Times, e ricorda quando era “Il suo Guardiano Solitario”

Greg Noll (Surfista)
Greg Noll inizia a fare surf a Manhattan Beach, California, nel 1943 e nei primi anni ’50 diventa uno dei migliori acrobati della zona di Los Angeles. Visita le Hawaii per la prima volta nel 1954, a 17 anni, e vive per diversi mesi in una capanna Quonset a Makaha, sul lato ovest di Oahu. È durante il suo primo viaggio alle Hawaii che Noll inizia ad apprezzare un surf più vasto.
Nelle visite successive comincia a passare più tempo sulla Scogliera Nord, cavalcando onde sempre più grandi in posti come Sunset Beach e Laniakea, e alla fine del ’57 è pronto per Waimea Bay. Mentre non è mai stato chiaro su chi ebbe l’onore di cavalcare la prima onda, sono tutti d’accordo nell’affermare che fu Noll a decidere di tentare l’impresa, e quindi è Noll che ha inaugurato Waimea Bay – il luogo del surf da grande onda per eccellenza per i 35 anni successivi. Mentre Noll seguiva una carriera da surfista, pubblica una serie di riviste sul surf, produce cinque film (tutti intitolati “Search for Surf”) e crea la sua principale attività commerciale la Greg Noll Surfboards. Fondato agli inizi del 1950 quando Noll iniziò a costruire tavole nel garage di famiglia, alla fine del 1965 Noll apre uno stabilimento nuovo di zecca di 6000 metri quadri a Hermosa—la più grande fabbrica di tavole del tempo.
Noll a quel tempo era diventato il sinonimo virtuale di surf da grande onda. Fu soprannominato “the Bull” per la sua taglia (6’2”, 230 pounds), e per il suo stile implacabile nell’affrontare a testa bassa il surf pesante. È stato visto solcare Waimea in quasi ogni film sul surf della fine degli anni ’50 e ’60 ed è immediatamente riconoscibile per i suoi calzoncini da surf a strisce bianche e nere modello “carcerato”. È stato anche la controfigura di James Mitchum nel film della Columbia Pictures Ride the Wild Surf. Noll ha cavalcato la più grande onda della sua vita il 4 dicembre 1969 a Makaha. Surfando da solo il 32enne si è imbattuto in un onda di 9 metri, si dirige verso la gola e toglie il piede dall’estremità della tavola mentre l’onda esplode dietro di lui, 15 minuti dopo si trascina sulla spiaggia, esausto. Era l’onda più grande che fosse mai stata cavalcata, e così sarebbe rimasta per oltre 20 anni. Fu anche l’ultima prodezza di Noll. Nella sua autobiografia del 1989 Da Bull: Life Over the Edge scrisse: “Quel giorno a Makaha, è stato come guardare oltre il limite dannato il grande abisso nero. Alcuni dei miei migliori amici hanno detto che era un’onda bramosa di morte. Non ho pensato questo in quel momento, ma con il senno del poi mi rendo conto che poteva essere vero.”
In altre parole, Noll smise di cavalcare le grandi onde, chiuse la Greg Noll Surfboards, e si trasferì in Alaska, dove visse in un camper. In seguito passò 20 anni a lavorare in un negozio di pesce a Crescent City, California. Alla fine degli anni ’80, quando iniziò a crescere l’interesse per la storia del surf, Noll tornò ad essere un personaggio del surf noto ai media, apparendo in “Surfers: the Movie,” i programmi trasmessi dalla PBS “Liquid Stage: the Lure of Surfing,” e “50 Years of Surfing on Film ‘97,” e nella serie televisiva del canale Outdoor Life Network.
Il senso del commercio di Noll negli anni ’90 è acuto come lo era stato negli anni ’60. Inizia a costruire tavole da surf in legno simili a quelle che aveva fatto negli anni ’50, vendendole ai collezionisti per 10000 dollari al pezzo. Noll entra a far parte dell’Huntington Beach Surfing Walk of Fame nel 1996, e viene premiato con il Waterman Achievement Award dall’Associazione Industra Manifatturiera di Surf nel 1998. Padre di tre figli, Greg Noll attualmente vive a Crescent City, California con sua moglie Laura.

Peter Mel
Quando il nativo di Santa Cruz, Peter Mel non viaggia in giro per il mondo o non aiuta suo padre a mandare avanti il loro negozio di Freeline Design, la sua passione è fare surf ogni giorno, “in tutti i posti più belli tra Monterey e Half Moon Bay,” a Steamer Lane, o sulle leggendarie grandi onde Mavericks. “Steamer Lane è la mia onda preferita perché è molto solida,” afferma Peter, ma Mavericks è il luogo in cui ha preso le onde più grandi e a fatto le cadute peggiori. “Il 28 ottobre 2000, le onde di Mavericks erano le più grandi che avessi mai visto. Quel giorno cavalcai diverse “onde più grandi della mia vita” [Le mie cadute peggiori sono avvenute] sempre a Mavericks. Ero rimasto sotto dopo una brutta caduta. Ricordo di aver aperto gli occhi e di non essere riuscito a vedere nulla. Il Buio totale. Ci volle un’eternità prima che la forza dell’onda mi lasciasse andare. A quel punto ho sentito arrivare l’onda successiva e mi sono sentito impotente. Ho cercato di rilassarmi e di rotolare con essa. Alla fine sono riuscito a riemergere in superficie. Il tutto si era svolto nell’arco di 38 secondi, ma erano sembrati un’eternità.” Il 34enne che ha fatto surf per 25 anni rilfette, “Oggi l’altezza delle grandi onde che si possono cavalcare non ha limiti. Ognuno va in cerca di onde sempre più grandi. L’unico freno è Madre Natura e quello che partorirà.” Predice, “Verranno superati molti altri confini nel prossimo futuro.”

Dick Brewer
Dick Brewer ebbe la sua prima tavola da surf nel 1953, una Woody Brown sagomata chiamata "Double Ender." L’ha usata per anni in tutte le condizioni atmosferiche, ivi incluse onde alte 45 metri. A Dick non bastava la spiaggia e lo stile di vita associato alla cultura del surf così dopo il liceo ha frequentato la Long Beach State studiando per una laurea in ingegneria, e lavorando come costruttore di attrezzi e stampi per le società di suo padre Tool and Die Company, Keith Black Racing Engines, e North American Aviation. Fu quando più tardi si trasferì alle Hawaiii che Dick Brewer scoprì la sua vocazione. Dick Brewer era sempre stato un bravissimo surfista e presto divenne un eccellente surfista da grande onda solcando Waimea Bay e Sunset Beach. Dick passò i primi anni ’60 ad affrontare le onde a fianco a fianco con i migliori surfisti del periodo. Nell’inverno del 1960/ 1961 Dick apre la Surfboards Hawaiii a Haleiwa, dove vende Weber, Scholl e le tavole costruite da lui.
Dick ha messo tutto ciò che sapeva sul surf e sulla progettazione nelle sue tavole. Hobie lo assume per costruire tavole da grande onda in esclusiva, pagandogli ogni tavola il doppio di quanto avesse pagato chiunque altro. In un piccolo negozio in una stradina secondaria di Wahiawa Oahu, Dick costruisce ogni Hobie Dick Brewer Model Gun. Forgiando, carteggiando e lucidando ogni tavola che ha costruito alle Hawaii.

Dick negli anni ’90 possiede due occupazioni principali. Una è quella di agente immobiliare a Kauai, e l’altra è forgiare le Dick Brewer Surfboards cercando di soddisfare la domanda nella costa Nord. Le sue tavole hanno una capacità di “virata a 36 gradi” con una superficie leggermente concava costituita da un'unica doppia barra piatta. I surfisti di tutto il mondo bramavano una Brewer. Come attestazione dell’innovazione e dello stile che Brewer portò al surf, basti pensare che è stato al centro dell’attenzione di alcune delle maggiori industrie del surf. In un recente articolo apparso su Surfers Journal (Volume 8) sulla vita di Dick, si dice che Jeff Hakman abbia affermato, “Ho una Brewer di tre anni, è una tavola magica… possiede ancora un occhio magico!” Nello stesso articolo, Drew Kampion dice, "Le tavole forgiate da Brewer, oggi sono molto ricercate – da collezionisti, surfisti e ragazzi più appassionati…” Oggi, a 67 anni trova ancora il tempo di fare surf a Hanalei Bay sebbene diriga Plumeria Surf Boards. “sono un progettista di tavole da surf professionale così devo rimanere attivo nello sport.” Ricorda con orgoglio quel giorno del 1963 in cui ha cavalcato l’onda più grande della sua vita, un’impresa documentata dal classico sul surf di Dale Davis. “È stato a Waimea Bay ad Oahu nel 1963. Era di circa 9 metri. Mi ritrovai totalmente avvolto dall’onda e ne uscii. A quel tempo costruivo circa l’80% delle tavole da surf della costa nord di Oahu.” Anche per Brewer, Waimea rappresenta il luogo in cui ha fatto la caduta peggiore. “Sono rimasto sotto per due onde, ” dice. La sua caduta è stata documentata anche sul classico del surf del 1966 Bruce Brown, The Endless Summer.

Brewer sullo sport di oggi dice: “Si è trasformato in qualcosa di molto bello ed uno sport molto pericoloso…La mia generazione cavalcava onde che potevano arrivare a 9 metri ora invece si fanno trasportare da un acquascooter e poi lasciano andare la corda.”

Grant Washburn
“Ricordo di aver sempre fatto surf,” afferma Grant Washburn cercando di ricordare il giorno in cui ha iniziato questo sport. Diversamente dal gruppo di suoi coetanei Hawaiani o californiani che cavalcano le onde, il 36enne documentarista di surf e surfista viene dalla costa est ed ha avuto il primo assaggio di questo sport per delega. “Non avevo mai visto una grande onda perché sono cresciuto in Connecticut. Quando ho visto le fotografie mi sono sentito attratto.” Ricorda solo di aver guardato le foto delle riviste fino consumarle.
Quando alla fine si sposta ad ovest si fa un nome da solo “aggirandosi per Mavericks. [Allora] non esistevano dei contesti da grande onda… la moda era la gara e l’abilità. Ho fatto il documentario su Maverick e penso che sia quello che ha spinto Stacy [Peralta] a venire a parlare con noi.
Quando gli viene chiesto di descrivere la sua onda più grande, Washburn diventa poetico.
“È abbastanza difficile per me [isolare una sola grande onda.] Quando arriva una grande onda, sei fortunato se riesci ad avvicinarti e a prenderla.” Queste “Esperienze estreme” ci spiega riguardano più la caccia all’onda che un surfista può aspettare per un anno intero per poi poterci surfare per il tempo che dura. La sua caduta peggiore? “Venni travolto da un’onda e la caduta di per sé non era stata così brutta, ma il vero problema era l’onda che seguiva l’onda. Puoi vedere un’onda sola, e magari la cosa finisce lì. [Poi ne arriva un’altra] – arrivano in gruppo, sono stato colpito da sei onde le cui più grandi andavano dai 18 ai 20 metri. Ero a Mavericks. Non avevo mai visto onde così grandi.” Per Washburn, il surf è una sorta di unione con l’oceano, il comprendere che “Siamo solo dei topolini… [Gli uomini] non si trovano in cima alla catena alimentare.”

Washburn continua, “È bello vedere come migliora il surf…” e afferma che “La strana popolarità del surf porta” ad una migliore conservazione delle spiagge del mondo. “Sembra quasi che non siamo legati all’oceano, ne abusiamo. Se non fosse per alcuni surfisti che entrano in acqua, penseremmo al mare come ad un fantastico posto per cambiare l’olio della macchina.”

Darrick Doerner
Originariamente uno della vecchia scuola del surf da tavola lunga, Darrick Doerner è stato il pioniere del movimento a rimorchio a Peahi con Laird Hamilton e Dave Kalama perché Waimea Bay “era molto affollata. Così affollata che non si faceva surf sulle onde ma attorno alla gente.” Con cento anni di surf tra tutti e tre, il surf trainato riunisce aspetti del windsurf dello snowboard e del surf tradizionale per ridefinire quello che chiama “lo sport più estremo conosciuto dall’uomo” In quanto parte di questo gruppo ristretto di pionieri, Doerner è stato il primo ad entrare nella parte cava dell’onda a Peahi (Jaws) e quando Hamilton ha cavalcato Teahupo, è stato Doerner a trainarcelo. Istruttore di salvataggio in mare, bagnino e padre, Doerner che ha fatto surf in tutto il mondo per 25 anni e passa, è molto attento all’oceano e si domanda se i surfisti più giovani rispettano in pieno le regole acquatiche. “Noi leggevamo i fluttui, leggevamo le correnti, leggevamo l’oceano… Si potrebbe affermare che eravamo una sorta di indiani. Ora che c’è internet questi ragazzi riescono a sapere quando arriva l’onda, saltano su un aereo e la prendono. Questa cosa lascia noi indiani frustrati, ma” si affretta ad aggiungere Doerner, ”è l’oceano a decidere.” Oggi, Doerner fa surf principalmente a Maui “dove il surf va alla grande,” e sulla Scogliera Nord di Oahu “dove non è così in voga, ” ma il suo posto preferito per le grandi onde è Peahi. Per Doerner, fare surf è una priorità tanto quanto lo era quando ha iniziato a prendere le onde in maniera seria da giovane in California. “Sapete, non ho ancora visto il film,” scherza. “Non ci siamo fatti vedere alla prima [di Riding Giants] perché era un momento molto buono per il surf.”

Kelly Slater
Nessuno mai è riuscito a dominare il surf come Kelly Slater. Il sei volte Campione del Mondo è l’eroe dei surfisti di tutto il mondo. Sin dagli anni della sua adolescenza, Slater si dimostra un avversario di talento, accaparrandosi sei Eastern Surfing Association e quattro titoli Nazionali prima di entrare negli alti livelli. A 20 anni, il suo primo anno intero in giro per il mondo, Slater divenne il più giovane surfista a vincere il titolo mondiale, confermando le voci che erano nate sul suo conto.
Il suo record è rimasto imbattuto, ma è il suo incredibile surf libero, mostrato in video "Kelly Slater in Black and White" di Quiksilver,"Surfers of Fortune" e la serie "Momentum" di Taylor Steele, che ha cambiato il modo in cui un intera generazione di ragazzini ha fatto surf e ha guardato al surf – il limite era stato elevato ad un livello completamente nuovo. Slater tracciava delle linee taglienti e radicali e lo faceva con forza e con stile. Nell’ultimo decennio, il resto del mondo del surf da competizione ha giocato a nascondino. Durante il Pipe Masters del ’99, ha sbalordito tutti con la sua esibizione ed ha pure vinto la gara, vincendo per la quinta volta il Pipe Masters. Dopo essersi allontanato per qualche anno dal circuito professionista, Kelly è tornato alla ribalta deciso a superare nuovi record mondiali.

Dottoressa Sarah Gerhardt
Quando la diciannovenne non da lezioni di chimica all’università Santa Clara, la dottoressa Sarah Gerhardt, la prima donna a fare surf a Mavericks, voga nell’acqua cercando di acchiappare le onde. “Faccio surf principalmente sulla costa tra la contea di San Luis Obispo e San Francisco. Il mio posto preferito è Trestles,” afferma. Nella tradizione delle grandi surfiste donna come Anona Napoleon e Marge Calhoun, Gerhardt ha remato sino ad onde alte 100 metri e si è fatta trainare in onde alte “120 metri e oltre.” Quando le si chiede di raccontare la sua onda più grande, Gerhardt si prende un lungo istante di preparazione come in effetti fa quando deve cavalcare le onde.
“Ho surfato su diverse onde alte più di 7 metri e mezzo e sono tutte molto diverse tra loro, ma, in generale, la mia esperienza inizia due o tre giorni prima quando sono sulle tracce di un’onda in arrivo e cerco di pianificare i miei impegni in modo da poterla prendere. Quando arriva il gran giorno, ho tutto l’equipaggiamento necessario (tavola, vestiti asciutti, cibo, acqua ecc) e il mezzo per raggiungere qualunque luogo possa essere migliore in termini di direzione dell’onda del vento e della marea. Durante il tragitto cerco di mantenere calmo il mio respiro rivedo il piano di attacco e parlo con mio marito – facciamo sempre surf insieme. Quando facciamo surf a Mavericks, prima gli diamo un’occhiata e poi remiamo verso le onde giuste. Mi concentro su come mi sento e se sono pronta a fare surf e affrontare le possibili cadute. Poi arriva il momento di agire! Oppure no!”

La sua caduta peggiore è stata sulla spiaggia Sunset diversi anni fa. “Il giorno prima avevo fatto surf a Waimea per la prima volta. Ho remato dentr
RIDING GIANTS regia di STACY PERALTA - dal 26 agosto 2005
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