«A ciascuno la sua tavola»: il surf 2.0 è made in Sorso

Luca Oggiano, ingegnere, applicherà la scienza allo sport per un’azienda australiana


20-03-2018
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Quando una scarpa calza come un guanto, sei a cavallo. Però a cavallo di un’onda non sempre puoi contare su un guanto adeguato, per impugnarla al meglio. Paragone calzante, quando si chiacchiera di surf e di tavole. Non sempre comode, quasi mai quella adatta a te, personalizzata.

La tavola su misura. La tavola da surf. Non soltanto un’opera d’arte come la maggior parte di quelle moderne ma un attrezzo che – come una racchetta da tennis dev’essere il naturale prolungamento del braccio –, dovrebbe farti sentire tutt’uno con la cresta, sull’acqua. Che tu sia alto due metri o basso 1.70, che ti trovi ad affrontare un'onda di 3 metri o una di 2. Anche nel bowling ciascuno ha la sua boccia, quella nata apposta per lui. Nel tennistavolo ogni manico è unico e nel ciclismo la simbiosi fra singolo sellino e singolo fondoschiena è totale. Nel surf no, non ancora. Ma a garantire a ciascun surfista la sua tavola ideale, su misura, ci prova ora Luca Oggiano.

Scienza applicata al surf. Trentotto anni, di Sorso, ingegnere con la passione per la chitarra e per il surf. Da Trondheim e dalla Norvegian University of Science, dove lavora nel Dipartimento di energia e process engineering, all’Australia. Non molto tempo fa ha pubblicato su Youtube un filmato nel quale ragiona di tavole e acqua, pesi e fluidodinamica, di coefficienti di drag, di pressione e di frizioni. Misteri e tecnicismi riservati agli iniziati, che qualcuno però ha presto tradotto in un’opportunità. «Grazie al mio lavoro – spiega l’ingegnere –, ho gli strumenti. Anche i calcoli sulle turbine eoliche galleggianti sono utili. Li ho applicati alle tavole da surf, ho provato a ragionarci e a pensarle con i miei attrezzi ingegneristici. Poi, giusto per sfizio ho pubblicato un video su Youtube, una delle principali aziende produttrici di tavole dell’Australia ha notato il filmato e mi ha contattato. Risultato: dal 15 marzo per tre settimane sarò a Brisbane per studiarci su. Lo scopo è uno solo: creare tavole da surf migliori, migliorandone il design».

Luca Oggiano vive con la famiglia a Stavanger, nel sud della Norvegia. C’è il mare e non mancano le onde. Belle onde. «Lo scorso ottobre ad appena quattro chilometri da casa hanno fatto i campionati europei e non me ne sono perso un minuto – racconta –. C’era anche Alessandro Piu, sardo, fresco campione italiano, l’ho voluto conoscere. Io da ragazzino surfavo nella costa nord: Porto Ferro, Argentiera ma soprattutto Marritza, Lu Bagnu, Isola Rossa». E non ha mai smesso: «È vero, bardati di tutto punto ma in Norvegia si surfa anche sotto la neve. E quest’anno è andata alla grande, onde fantastiche e stagione più calda del solito».

Non calda come in Australia, però, dove Luca Oggiano ora tornerà volentieri. «Ho vissuto per un anno a Melbourne per il dottorato. Da quelle parti il surf è sport nazionale insieme al rugby e una tavola ce l’hanno proprio tutti, dalla nonna alla nipotina. Ci torno volentieri, anche perché – sorride pregustando già lo spettacolo –, proprio in quel periodo è in programma una tappa del campionato mondiale. Non mi sembra vero di poter ammirare dal vivo gente che finora avevo visto solo in televisione».

Onda su onda. Ma le tavole da surf si possono migliorare? Il primo accenno risale al 900 a.C. in Polinesia, stare sull’onda come forma d’arte religiosa. Ne parlò il capitano Cook dalle Hawaii nel 1778, nel 1886 anche Mark Twain ne sperimentò l’ebrezza. Nel 1907 nacque in Australia la Surf life saving association, poi la California, il Mercoledì da leoni, la Pattuglia dell’alba e sostanzialmente short e long board, con punte più o meno tonde. La prima pinna stabilizzatrice fu piazzata nel 1935 dal mitico Tom Blake. E oggi? «Il surf e le tavole ci sono da tanto tempo, vero – sostiene Luca Oggiano –, ma nella loro realizzazione da sempre prevale l’approccio artistico. Si sono rinnovati i materiali ma in prevalenza sono fatte a mano. Da gente di comprovatissima esperienza, certo, ma nessuno ci ha mai studiato a fondo per quel che riguarda l’aerodinamica». Ci si avvicinano gli studi su idroscafi e strutture plananti «ma dal punto di vista idrodinamico – sostiene l’ingegnere di Sorso –, questi studi applicati alle tavole sono carenti se non del tutto assenti. La mia ambizione è riuscire ad applicare l’ingegneria moderna a un qualcosa che è considerata come un’arte, una forma di divertimento piuttosto che uno sport».

Sport olimpico. Uno sport olimpico, dai prossimi Giochi a Tokyo. Ed ecco quindi che c’è anche uno scopo economico. Con l’Australia in prima linea. «Con loro ho fatto una sorta di scambio alla pari, in cambio di viaggio e soggiorno cercheremo di capire insieme un po' di più di idrodinamica sulle loro tavole. Sarà divertente, terrò anche una conferenza per presentare un mio articolo scientifico sull’argomento e da appassionato qualche surfata non me la negherò. Magari a Burnley, uno degli spot migliori al mondo. E l’azienda che mi ha contattato è a pochi chilometri da una località che si chiama Surfer’s paradise...»

La strada è tracciata e segue chiara quella della spuma della cresta di un'onda. Per il surf ma anche per il sup, lo stand up paddle, quella tavolona che si porta con un remo standoci in piedi. «I miei ragionamenti sono applicabili a tutte le imbarcazioni in genere, ma il filmato su Youtube, per esempio – spiega Luca Oggiano – era riferito al sup». E da buon surfista, all'ingegnere nato a un passo dalla Marina di Sorso interessano in modo non secondario i riflessi agonistici della sua avventura progettuale. «Il mio scopo finale? Voglio riuscire a trasformare una tavola in un attrezzo adatto anche al surfista medio. Oggi è difficile scegliere la tavola: non ci sono indicazioni precise sul suo comportamento aerodinamico. Voglio sviluppare tavole migliori per poter dare al surfista un input dal punto di vista fisico, delle dimensioni geometriche, della resistenza e della portanza. Voglio arrivare al punto che sia possibile scegliere una tavola non solo per le sue dimensioni ma per le sue caratteristiche e le prestazioni che garantisce. Quando compro un'auto non la battezzo solo per le dimensioni ma per le sue prestazioni, e così dovrebbe essere anche nel surf». Una tavola su misura, insomma. «Sì _ prosegue l'ingegnere _. Come un abito della taglia giusta, che calza a pennello. Ai surfisti inesperti capita spesso di scegliere una tavola inadatta alle loro caratteristiche. C'è chi è alto e chi basso, chi preferisce sistemarsi più avanti e chi più indietro sull'attrezzo. Poi, due surfisti con la stessa esperienza hanno modi di surfare diversi. A uno serve più portanza nella parte frontale, all'altro no. Ci sono varie componenti. Ora si prende una tavola e ci si adegua, ci si abitua, mentre partendo già con la tavola adatta ci sono solo vantaggi».

Obiettivo: ottimizzare.Non ci aveva mai pensato nessuno. Possibile? «Io non sono un grandissimo surfista, mi diverto. Sono un po' come il ciclista della domenica ma mi butto nelle onde di ogni dimensione e l'aspetto ingegneristico del surf mi ha sempre affascinato, a partire dalla tavola. In fondo non è altro che un pezzo di polistirolo che galleggia, e non è mai stato pienamente ottimizzato. Sono tra i primi a cercare di portare questi studi a livello ingegneristico. Non sono l'unico, ma ci sono e sono sicuro che si arriverà a un cambio di prospettiva nel giro di pochi anni. Il surf è diventato sport olimpico, cresceranno gli interessi economici, il mercato si amplierà. Gli stimoli non mancano». Made in Sorso, sulla cresta dell'onda. E sempre con il sorriso e l'abbronzatura di chi sa che l’onda giusta arriverà. «In questo campo andrà sempre meglio – conclude Luca Oggiano –. Arriveremo all'ottimizzazione della tavola per ciascun atleta. È un lavoro pionieristico ma ci si arriverà, a dare a ciascuno la sua tavola ideale. È stimolante, stiamo

aprendo delle porte ed è questa la parte più divertente. Certo, l'esito finale del lavoro dà soddisfazione, ma dietro ci sono la passione e il tempo spesi quando tutto è nuovo, ed è questo che mi affascina». Come la prossima onda da cavalcare, ma stavolta sulla tavola giusta.

di Mario Carta

Tratto da: http://www.lanuovasardegna.it

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